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Gianfranco Matteoli: “I giovani devono giocare per poter emergere, ci vuole un cambio di mentalità”

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Amante del calcio e del bel gioco, sempre attento ai giovani e con la speranza si torni a dare la giusta importanza ai settori giovanili, oggi ha una società che ne cura la crescita. Non vuole credere che non ci siano più italiani che possano far tornare la nostra nazionale ai livelli che merita. Equilibrato e modesto, non ha rimpianti ed è felice di quanto realizzato nella sua carriera di calciatore

Ho avuto l’enorme piacere di raggiungere ed intervistare telefonicamente il grande Gianfranco Matteoli, con il quale abbiamo avuto una piacevole chiacchierata e anche qualche interessante scambio di idee sui settori giovanili e quanto avviene solitamente intorno ai giovani calciatori italiani. Nato a Nuoro il 21 aprile 1959, dopo i primi calci in oratorio, viene notato da un osservatore del Como che lo spinge al trasferimento in Lombardia. Nella stagione 1975-76 gioca nelle giovanili del Cantù, squadra satellite del Como, ma già nella stagione successiva passa alle giovanili del Como e viene chiamato in prima squadra da Osvaldo Bagnoli che lo fa esordire in Serie B. Viene mandato a fare esperienza e torna a Como nel 1982 e dopo due stagioni arriva la promozione in Serie A e l’esordio del centrocampista sardo nella massima serie avviene il 16 settembre 1984, contro la Juventus. Nel 1985 passa alla Sampdoria e la stagione successiva il salto all’Inter. Sarà parte integrante e protagonista dell’Inter dei record di Giovanni Trapattoni con la vittoria dello scudetto dei record (1988-89) e della Supercoppa italiana 1989. Il 27 novembre 1988 realizza una rete, contro il Cesena, dopo soli 9,9 secondi di gioco, stabilendo il record di goal più veloce nella storia della serie A, record che resisterà sino al 10 gennaio 1993. Nel 1990 torna in Sardegna e vestirà la maglia del Cagliari per tre stagioni, riportandolo nelle competizioni europee e raggiungendo la semifinale di Coppa Uefa persa proprio contro l’Inter (1993-94). Nella stagione 1994-95 gioca nel Perugia in Serie B e lì appende gli scarpini al chiodo. Nella sua carriera anche cose importanti con la Nazionale Under 21, con la quale gioca 14 partite ed ottiene un secondo posto nell’Europeo del 1986. Sei presenze con la Nazionale maggiore con la quale esordisce all’età di 27 anni, il 6 dicembre 1986. La carriera di allenatore non ha note particolari e vede due brevi esperienze a Cagliari e Como. La carriera dirigenziale, in particolare, lo vede protagonista nel curare, per 15 anni, il settore giovanile del Cagliari, con ottimi risultati, tanto che il 21 maggio 2013 riceve il premio Maestrelli per l’ottimo lavoro svolto nel settore giovanile del club rossoblu. Attualmente ha una società con la quale cura la formazione dei giovani calciatori.

Ricorda il suo approdo al Cantù a 16 anni? Come visse quel trasferimento?

E’ stata tragica, sino ad allora non ero mai uscito di casa e mi sono trovato catapultato in un’altra realtà, proprio fuori dal mio modo di vedere le cose. Ovviamente in quel momento c’era incoscienza ed una grande voglia di giocare a calcio che mi spingeva ad andare senza indugi. Certo, mia madre un pochino ne ha sofferto, ma come è normale che sia per una madre. Invece mio padre mi ha lasciato libera scelta.

Nel 1986 passò dalla Sampdoria all’Inter per la bellezza di 4,8 miliardi di lire e lì visse stagioni davvero esaltanti, con lo scudetto dei record di Trapattoni, il record del goal più veloce dopo soli 9,9 secondi.

Certe cose non si possono dimenticare! In realtà già il precedente trasferimento dal Como alla Sampdoria era stato per una cifra più o meno simile. Alla Sampdoria ho trascorso un anno e poi sono andato all’Inter dove ho avuto la fortuna di incontrare Trapattoni che mi ha valorizzato nel ruolo davanti la difesa. Il primo anno in realtà ho giocato da mezzala, da centrocampista avanzato e poi l’anno dello scudetto ho giocato davanti la difesa. Facevo un po’ da collante per tutti i miei compagni di squadra. Chiaramente giocare nell’Inter è stata una grande soddisfazione! Quattro stagioni bellissime, con un ambiente eccezionale, dei giocatori che oltre ad essere forti tecnicamente, mi hanno anche accolto bene facendomi sentire praticamente a casa.

Gianfranco Matteoli con la maglia dell’Inter, indossata per 4 stagioni 1986-1990

Nel ’90 torna in Sardegna, al Cagliari e lì le cose andarono comunque bene. Come visse la semifinale di Coppa Uefa proprio contro l’Inter?

A Cagliari è stata un’esperienza molto bella. Sono arrivato con Ranieri, in serie A ed abbiamo fatto molto bene. La prima stagione, pur giocando un ottimo calcio, non riuscivamo a fare punti, ma poi abbiamo fatto un girone di ritorno con i fiocchi e ci siamo salvati. L’anno dopo con Mazzone (1991/92), facendo un buon campionato e poi nella stagione successiva, sempre con Mazzone ci siamo qualificati per la Coppa Uefa (stagione ’92/’93 il Cagliari raggiunge la 6ª posizione in campionato ndr). Quindi nella stagione ’93/’94 con allenatore Bruno Giorgi che ricordo come un grande condottiero, lo porterò sempre nel mio cuore, perché è stato come un padre, una persona eccezionale sotto tutti i punti di vista ed inoltre ci faceva giocare bene, (In quell’edizione della Coppa Uefa, il Cagliari venne eliminato in semifinale dall’Inter, dopo che, nei quarti di finale, i rossoblu avevano eliminato la Juventus ndr).

Come giudica la sua carriera in nazionale? Giusta o avrebbe meritato più spazio?

Chiaro che ognuno di noi pensa di meritare di più, ma quella è stata la mia esperienza e mi accontento. Se di rammarico possiamo parlare, è che non mi è mai stata data la possibilità di fare due o tre partite di fila, in realtà giocavo quasi sempre dei secondi tempi ed è ovviamente difficile mettersi in mostra e dimostrare il proprio valore. Bisogna ammettere che allora era molto più difficile essere messi in condizione di poter dimostrare qualcosa, c’erano dei blocchi di calciatori delle varie società ed era difficile scardinarli. Inoltre dovevi fare diversi campionati a grandissimi livelli per poter essere chiamato in nazionale, era la mentalità dell’epoca. Ricordo che già il solo fatto di venire convocati per la nazionale era qualcosa di eccezionale, di incredibile! Ovviamente c’erano anche molti grandi calciatori e questo non è un dettaglio da poco. Oggi le cose sono radicalmente cambiate e le possibilità sono molto più ampie per quasi tutti i calciatori di un certo livello.

Lei, direttamente o meno, da qualche anno segue la crescita dei giovani calciatori.

Ho una società CDF con la quale collaboriamo anche con l’Inter ed abbiamo 16 squadre in Italia dove facciamo formazione per i giovanissimi. Sino a 3 anni fa e per 3 anni, ho effettivamente lavorato direttamente con l’Inter facendo scouting per la prima squadra.

Siamo passati dagli anni d’oro in cui il nostro calcio sfornava veri fuoriclasse ed anche in gran quantità ad un periodo che definirei buio in tal senso. Si è sbagliato qualcosa? Sta cambiando qualcosa? Ci sono giovani promettenti?

Vero, ai miei tempi, in ogni squadra c’erano almeno 5/6 calciatori italiani molto forti, anche nelle piccole società. Purtroppo oggi non c’è più questa grande scelta, un problema anche per il selezionatore della Nazionale. Però questa, secondo me, è anche la conseguenza del fatto che non si fanno giocare i giovani, tutti dicono che quel tal giovane non è pronto e, magari, si va a prendere lo straniero che, a volte, è più scarso dei giocatori italiani però, essendo stato acquistato, gioca. In passato ho curato il settore giovanile del Cagliari per tanti anni e sono usciti giocatori come Barella, Murru, Deiola e tanti altri che hanno giocato e stanno giocando, quindi dico che i giocatori italiani ci sono, ma purtroppo non trovano spazio. Ci sono le nazionali giovanili che stanno facendo bene e arrivano sempre in fondo alle competizioni internazionali alle quali prendono parte, ma poi quasi nessuno arriva in prima squadra. Bisogna far giocare i giovani che sono un patrimonio del calcio italiano e mi rifiuto di pensare che il calcio italiano non abbia più giocatori di livello. Le faccio un esempio, ma le sembra normale che nelle primavere italiane giochino i ventenni? Lo trovo inconcepibile, i ventenni dovrebbero giocare in prima squadra!!! Deve cambiare la mentalità!

In relazione a quanto accaduto in questo ultimo periodo sul passaggio di proprietà dell’Inter, con le tante illazioni che abbiamo ascoltato e letto, lei che impressione ha e cosa ci può dire della nuova proprietà e della sua gestione presente e futura?

Sinceramente non mi occupo di queste situazioni, ma sono fermamente convinto che qualsiasi proprietà di una società come l’Inter, punterà a fare le cose come si deve, perché l’Inter è una delle squadre più importanti al mondo e mi rifiuto di pensare ci possano essere situazioni imbarazzanti. Sicuramente si continuerà sulla stessa lunghezza d’onda di quanto fatto sino ad oggi.

Claudio Ranieri ha detto addio al Cagliari ed al calcio dopo una grande salvezza, cosa ne pensa e chi vedrebbe bene al suo posto?

Pur non occupandomi di queste situazioni e non conoscendo bene le dinamiche connesse, comunque le direi che, sulla panchina del Cagliari, avrei visto molto bene Marco Baroni che ha ormai già trovato la sua nuova sistemazione, perché è una persona seria, un allenatore che sa il fatto suo. Ranieri è stato fondamentale per il Cagliari, al di là della sua bravura di allenatore, perché lui è riuscito a tenere in piedi non solo la squadra, ma anche la società, proprio in un momento molto delicato. Solo lui poteva tenere sotto controllo i tifosi e creare un ambiente idoneo alla salvezza, ha ricompattato tutti, lui è stato fondamentale! Il problema di chi verrà a Cagliari, secondo me, sarà proprio questo, capire dove si deve veramente fare un grande lavoro, perché dopo la partenza di Ranieri diventa davvero difficile gestire il tutto.

Matteoli con la maglia del Cagliari di cui è stato il Capitano (1990-1994)

Vorrei chiudere con una domanda sul Cagliari soprannominato “matricola terribile”, ha qualche ricordo particolare o un aneddoto su quella formazione?

Nella carriera di un calciatore ci sono tante cose belle ed è difficile estrapolarne una, ma potrei evidenziare il goal che feci a Malines (Coppa Uefa ’93/’94, ottavi di finale Malines-Cagliari 1-3; goal che apre le danze di Capitan Matteoli al 33′ ndr). Segnare davanti a tutti quei sardi che lavoravano all’estero è stata un’emozione grandissima, un momento esaltante per tutti noi e soprattutto per me. Sono stato orgoglioso di aver permesso loro di gonfiare il petto quella sera.

Fonti foto: quattromorinews.it; guerinsportivo.it; derbyderbyderby.it

Luigi A. Cerbara

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