L’agenzia stampa intervista la nuova conduttrice del programma ‘Passionedelcalcio’
Articolo tratto dal sito sporteconomy.it
Quando si parla di giornalismo sportivo il primo nome che viene alla mente, soprattutto per la carriera conseguita, è quello di Simona Ventura (a partire dal programma “Quelli che il calcio”, che l’ha consacrata in termini di popolarità), anche se attualmente la giornalista sportiva (e non solo) più famosa dell’etere è Ilaria D’Amico (SkySport) con il suo “Sky Calcio Show”. Due icone della tv italiana, che hanno aperto, di fatto, una nuova frontiera nel giornalismo sportivo tricolore, sempre più colorato di “rosa”, riuscendo, tra l’altro, ad azzerare, nell’immaginario collettivo dell’italiano medio, l’abbinamento (troppo spesso riduttivo) donna-giornalista/“valletta” accanto al conduttore di turno.
Tra le novità del panorama sportivo romano ci piace portare alla luce i progetti di Erika Eramo
Erika come nasce la tua passione per il giornalismo sportivo e che tipo di programma radiofonico condurrai quest’anno?
L’amore per il calcio nasce dal grembo materno, con due genitori appassionatissimi. Il primo articolo calcistico risale ai 18 anni e ricordo ancora che il mio amico e collega di RadioRadio rimase colpito dalla padronanza di termini tecnici come io l’avessi nel sangue. Sono cresciuta seguendo le partite in tv e sui campi degli oratori. Sono diventata giornalista pubblicista scrivendo di calcio ed ho anche lavorato col grande Alberto Mandolesi. Mio fratello non a caso ha intrapreso la carriera di calciatore. Ho giocato a calcetto ed ho fatto anche l’arbitro di calciotto per alcuni eventi di beneficienza, unendo così il calcio al sociale. Poter essere utile nel mio piccolo mi rende serena. Con Stefano Rizzo, direttore di Passione del Calcio, con cui co-condurrò la trasmissione radiofonica omonima condivido sia la visione del giornalismo puro, scevro da schemi ed etichette, sia la voglia di essere utili al prossimo partendo dalla passione che abbiamo in comune, il calcio. Tra l’altro quest’anno dovrebbe partire un nostro progetto ambizioso legato a questo, che è anche il motivo per cui ci siamo conosciuti, ma è presto per parlarne. La trasmissione va forte perché diverse radio in fm ci trasmettono in tutta Italia e ad ogni puntata c’è almeno un ospite vip che dà lustro al programma.
Come è cambiato l’accesso al mondo del giornalismo per le donne che intendono fare informazione? Sono finiti i tempi di Simona Ventura o adesso c’è una richiesta di maggiori competenze anche da parte degli stessi editori (radio e/o televisivi)?
Da una parte l’accesso al giornalismo, sia per le donne che per gli uomini, risulta facilitato perché nell’epoca dell’informazione prendere il tesserino è davvero facile. Dall’altra parte però questo ha determinato un abbassamento delle competenze specifiche per cui tutti si sentono liberi di poter parlare o scrivere di qualsiasi cosa. Questo crea un circolo vizioso per cui gli stessi editori danno meno perché pretendono meno. Ovviamente parlo a grandi linee. C’è una netta differenza tra giornalismo di alto livello e quello invece di bassa categoria, ma la forbice si è allargata ed il livellamento è purtroppo verso il basso. In 10 anni circa di giornalismo non ho visto molti cambiamenti ed essere donna non mi ha aiutato. Credo tuttavia che i tempi siano maturi per un rinnovamento se non nei fatti, almeno nelle teste. Lei ha citato Simona Ventura, il cui iter lavorativo dimostra che con la tenacia si fa strada. Il suo stile può piacere o meno, ma di sicuro è una donna che ci ha creduto. La determinazione nel portare avanti la propria passione è tutto.
Si parla tanto di innovazione tecnologica nel mondo del calcio: sei più dalla parte dell’innovazione o della tradizione? E quali innovazioni accetteresti (eye hawke, goal-non goal, moviola in campo stile rugby, ecc.)?
Ci vuole un giusto equilibrio tra innovazione e tradizione. Sono a favore di tutti i metodi tecnologici se utilizzati con parsimonia. Secondo me la decisione finale spetta comunque sempre all’arbitro. Abusare della moviola in campo sarebbe un errore per due motivi. Il primo è di carattere tecnico: il calcio è uno sport in movimento e di contrasto diverso da altri come il tennis, ma si distingue anche dal rugby stesso perché è più difficile determinare falli o prendere decisioni anche con le immagini davanti dato che alcune situazioni sono veramente al limite. Il secondo motivo è di natura giornalistica: si perderebbero fior fiori di discussioni post-partita e verrebbe meno anche la magia che gravita intorno al pallone che non ha regole, un po’ come me.
Oltre al calcio e al giornalismo hai altre passioni?
Sono un concentrato di passioni e ognuna cerco di trasformarla in un lavoro. C’è la filosofia in cui mi sono laureata, la poesia, l’arte, il teatro, il cinema, la storia (in particolare di Roma), i viaggi, lo sport in generale, l’esoterismo e l’astrologia, per non parlare del cibo e dell’eros. Mi piace definirmi una giornalista eclettica ed artistica. Con tutto il rispetto per i cronisti, ma non potrei mai scrivere senza metterci del mio.
* Erika Eramo è una giornalista pubblicista, addetta stampa ed organizzatrice eventi. E’ una libera professionista che ha scritto per varie testate on line e cartacee, ha lavorato per web radio e tv private. Declina la passione per la comunicazione a 360 gradi, puntando sulla scrittura e le pubbliche relazioni. Ha lavorato alla Camera dei Deputati e si è occupata in particolare del settore sport, cultura e spettacolo. Ha iniziato il suo iter professionale con il calcio, primo amore, a cui è tornata come conduttrice di PassionedelCalcio con cui collabora.