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Dino Fava: “La Juventus è ancora avanti rispetto alle altre, ma con la cessione di Bonucci ha perso qualcosa”

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Intervista all’ex calciatore di Triestina ed Udinese, attualmente al Savoia, squadra di eccellenza campana

Una vita passata sul prato verde ad inseguire ogni pallone utile da scaraventare in porta. Si potrebbe riassumere così la carriera di Dino Fava, che a 40 anni dopo aver giocato e segnato in Serie A e in Europa non ne vuole proprio sapere di appendere gli scarpini al chiodo, anzi si diverte ancora nelle categorie minori e proprio nei mesi scorsi si è legato al Savoia, compagine di Torre Annunziata. Il bomber ha parlato anche del campionato appena iniziato e ha accennato ad alcuni progetti che vorrebbe realizzare quando deciderà di smettere.

Quando ha iniziato con la Sessana negli anni ’90 quali erano i suoi propositi? Immaginava una carriera così importante?

Assolutamente no. Avevo iniziato a giocare a calcio così come fanno tanti ragazzini, anche se si intravedeva che avevo qualcosa in più rispetto agli altri. I dirigenti della Sessana mi hanno portato spesso a fare provini per altre squadre, a volte sono andati bene in altre circostanze meno.

Dopo tanta gavetta ha trovato la sua dimensione ideale a Trieste prima e ad Udine poi. Cosa le dato in più il Friuli rispetto ad altre piazze?

A dir la verità anche a Varese sono stato molto bene, ho fatto due anni di Serie C sfiorando i playoff. Poi sono passato alla Triestina, dove ho trovato un gruppo fantastico, ho fatto il vice capocannoniere con 22 reti ad una sola lunghezza da Protti. Quell’anno chiudemmo il girone d’andata al primo posto, purtroppo però non riuscimmo ad arrivare in Serie A, nel girone di ritorno non avevamo una rosa competitiva per affrontare un campionato così lungo come quello cadetto e alla fine arrivammo quinti. Successivamente il trasferimento all’Udinese, che ha rappresentato il coronamento del sogno. Sinceramente non mi aspettavo di giocare subito, ma mister Spalletti dopo una settimana mi diede subito fiducia concedendomi la maglia da titolare. Iniziai a segnare con una certa continuità e quindi andò tutto alla grande.

Il 24 settembre 2003 ha provato la gioia di segnare in Europa al cospetto del Salisburgo. Nonostante il suo goal non sia servito all’Udinese per la qualificazione che sensazione ha provato ad andare a segno oltre i confini nazionali?

Fu una serata particolare, non pensavo di giocare ed invece il mister mi gettò nella mischia. Fu una partita dura, loro erano avversari molto tosti, però riuscimmo a far goal su un’azione molto bella. Il ritorno andò male, perché a mio parere con la preparazione di mister Spalletti si soffre un po’ all’inizio dell’anno. Facemmo fatica e l’eliminazione prematura dalla Coppa fu la logica conseguenza.

Lasciare i friulani freschi di qualificazione Champions League per andare a Treviso non si è rivelata una mossa azzeccata. Cosa l’ha spinta a questo cambiamento? Successivamente ha avuto qualche rimpianto?

Quello è stato il momento “clou” della mia carriera, dove effettivamente ho fatto un errore di valutazione, spinto da Ezio Rossi, allenatore che avevo avuto a Trieste prima di andare ad Udine. Mi chiamava spesso dicendomi che anche a Treviso avrebbe optato per un modulo che potesse esaltare le mie caratteristiche, invece quando arrivai lì mi accorsi che piazza, città e squadra non erano attrezzate per affrontare la Serie A e purtroppo disputammo un campionato disastroso.

Ad un certo punto della sua carriera ha pensato di poter andare in Nazionale?

C’è stato un periodo in cui ci speravo, ma non ci furono amichevoli o comunque altri eventi legati alla Nazionale. Dopo poco tempo esplose Iaquinta e iniziò a giocare al mio posto e così accantonai definitivamente l’idea.

Facendo una panoramica sull’attuale Serie A, la Juventus è ancora un gradino sopra le altre oppure le rivali grazie al mercato si sono avvicinate?

Credo sia ancora un grandino sopra alle altre, anche se la cessione di Bonucci è stata una perdita importante rispetto allo scorso anno. Era un giocatore fondamentale per il gioco della Juventus.

Da campano come vede il Benevento nel massimo campionato? Quante possibilità ha di salvarsi?

Con grande dispiacere, dico poche. Da campano mi aspettavo qualche acquisto più importante. Questa Serie A è diversa da quella in cui ho giocato io, dopo le 4-5 squadre più forti, c’è grande equilibrio, nonostante ciò faccio difficoltà a vedere il Benevento salvo al termine del torneo.

Qual è il suo pensiero sul VAR, invocato a gran voce in passato, ma tanto bistrattato dopo l’utilizzo di queste prime giornate di campionato?

Come al solito si chiacchiera molto rispetto a questi argomenti. Per me può essere uno strumento utile se viene impiegato nella maniera giusta. Può dare una mano agli arbitri per eliminare tanti dubbi ed effettivamente alcuni rigori inizialmente non sono dati, ma dopo aver visionato le immagini sono stati poi giustamente concessi.

Ha da poco firmato con il Savoia, compagine di Eccellenza campana. Fino a quando ha intenzione di giocare?

Già da un paio di anni dico di voler smettere, ma la passione e la voglia sono più forti dei propositi di ritiro e quindi non riesco a dare una risposta precisa. L’esperienza della passata stagione a Portici è andata bene, abbiamo vinto il campionato di Eccellenza, mi sono divertito tanto e quando si sta bene si fa fatica a dire basta.

Per il futuro sta valutando l’ipotesi di intraprendere la carriera da allenatore o ha in mente altri progetti?

Il mio sogno è quello di allenare i bambini, di creare una scuola calcio fatta in un certo modo, qui dove vivo io però la mancanza di strutture è allucinante e ciò rende il tutto più complicato.

Antonio Pilato

Ringrazio Dino Fava per il tempo concessomi per quest’intervista.

Immagine presa da tuttoeccellenza.it

 

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