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Ordinary Gods

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In un documentario le vite dei calciatori più promettenti. Un elenco di giovani eroi omerici pronti a sfidarsi su un rettangolo verde. Un pantheon di nuove divinità fondato su valori sportivi e impatto mediatico. Pensateci, anche questo può essere un modo di guardare al calcio. Ha scritto per noi, in esclusiva, il giornalista Stefano Coccia, nonché giurato della rassegna cinematografica Mescalito Biopic Fest di Roma

Ordinary Gods.

Ecco che il senso del titolo, alla luce del presupposto mitologico, acquista spessore.

Del resto negli ultimi tempi, tra piattaforme e sale cinematografiche, pare cresciuta a livello esponenziale la possibilità di vedere eroi del calcio all’opera su uno schermo, piccolo o grande che sia: film di finzione, documentari, serie televisive. Di tutto un po’. Pertanto, proprio mentre al cinema imperversa lo spigliato racconto di formazione calcistica dedicato al grande Ibra, ovvero Zlatan del cineasta  svedese Jens Sjögren, un piccolo festival dedicato ai film biografici ci ha offerto la possibilità di recuperare questo documentario quasi altrettanto sfizioso.

La rassegna in questione si chiama Mescalito Biopic Fest. Si è svolta nella prima metà di novembre in forma ibrida, ovvero in presenza al Cinema dei Piccoli di Roma e in rete sulla piattaforma MyMovies.

Speriamo ora che il film continui a girare, perché merita e perché può attirare l’attenzione di tutto coloro che hanno la Passione del Calcio.

Produzione statunitense datata 2019, durata corposa (si viaggia verso le due ore), il documentario di Pascui Rivas ci regala, in un caleidoscopio di emozioni sportive e private, diversi ritratti di campioncini in erba. Imprese sul campo. Spaccati famigliari. Rapporti di coppia. La difficoltà di relazionarsi con le proprie origini. Qualche hobby. I trasferimenti da una squadra all’altra, con tutto quel che comporta a livello di adattamento. Ordinary Gods, per l’appunto, poiché c’è una vita di tutti i giorni da portare avanti, anche quando la fama è giunta o sta per arrivare.

Lo spigliatissimo doc di Pascui Rivas è anche un frullato di ambienti e continenti diversi, shakerato con gusto, a dimostrazione che il calcio è davvero un fenomeno globale. Uno se ne rende conto mettendo insieme i pezzi delle singole storie. Alcuni sono nomi meno noti. Vedi ad esempio il senegalese Alhassane Sylla, attualmente al Cova da Piedade (Segunda Liga portoghese), di cui si racconta proprio il sogno di passare dall’Africa a qualche campionato europeo. Oltre ai sacrifici del giovane e ai suoi rapporti con la famiglia, al centro di tale segmento c’è un interessante spaccato dell’Academy fondata in Senegal dal Diambars, società sportiva votata a forgiare nuovi talenti e a realizzare le loro aspirazioni, traghettandoli verso tornei più prestigiosi.

Volo intercontinentale e si piomba in Sudamerica. Per la precisione a Montevideo, Uruguay. I riflettori sono qui puntati su un portiere,  Gastón Guruceaga, prima idolo dei tifosi del Peñarol e poi messo in discussione per il deteriorarsi del rapporto con club e allenatore. Non a caso adesso si trova in prestito al Palestino. Ma il suo sogno resta sempre quello di accasarsi in Italia o comunque in Europa. Voliamo nel Vecchio Continente, a questo punto, dove ci sono ancora più storie da raccontare. Per esempio il difficile adattamento alla Bundesliga (stagione 2016-2017al Lipsia) e alla vita tedesca in genere del costoso Oliver Burke, astro nascente della nazionale scozzese tornato poi a militare in squadre britanniche. Per non parlare poi di una delle vicende in assoluto più intense e coinvolgenti a livello emotivo: quella toccata in sorte a Roman Zobnin, nazionale russo infortunatosi qualche mese prima dell’attesissimo mondiale in casa (vicenda un po’ alla Totti) e impegnatosi duramente per la riabilitazione motoria. Cure eccellenti ricevute tra l’altro in una clinica italiana. E in più l’affetto costante della propria deliziosa famigliola, così unita, compatta, cui è andato a sommarsi strada facendo quello non meno caloroso dei supporters dello Spartak Mosca, formazione della quale è una bandiera già da qualche anno. Tante premure intorno a sé. Tanta forza di volontà da parte del centrocampista. Da cui quel recupero in tempi record, che gli consentì di unirsi nuovamente ai compagni di squadra sin dai primi incontri del Mondiale 2018.

Il regista, che li ha seguiti per mesi, per anni, nella vita di questi campioncini ci è scivolato poco alla volta, destreggiandosi abilmente tra immagine pubblica e momenti più intimi, privati. Li vediamo giocare solitari alla playstation mentre manovrano, divertiti, la versione di se stessi presente nel videogame. Li vediamo conversare con le proprie compagne o a distanza coi genitori (sebbene alcuni di loro questo non possano più farlo, perché purtroppo li hanno già persi). E poi eccoli di nuovo in campo.

Nella girandola di situazioni che viene a comporsi, è quanto meno curioso che un paio di esse abbiano un prestigioso club francese quale orizzonte degli eventi: l’Olympique Lyonnais, presso il quale hanno militato sia l’argentino Emanuel Mammana (migrato poi in Russia) sia Corentin Tolisso, sicuramente il giocatore più rappresentativo tra quelli intercettati dagli autori del film. Campione del mondo con la nazionale francese nel 2018!

Oggi come oggi il talentuoso centrocampista è in forza al Bayern Monaco. In Ordinary Gods però si fa riferimento più volte, anche attraverso il rapporto con un tifoso d’eccezione, suo padre, al legame speciale che lui ha sempre avuto con Lione, città e club. Uno dei momenti più esaltanti di questo pirotecnico racconto cinematografico è rappresentato perciò dal rocambolesco confronto, avvenuto nel 2017 in Europa League, tra Olympique Lyonnais e Ajax, evento raccontato da un duplice punto di vista, quello del campo e quello del padre di Tolisso in tribuna. Nella partita di ritorno il tentativo di “remontada” dei francesi in casa non ebbe l’esito sperato. Ma un po’ come avveniva in qualche puntata di Sfide, il bel format televisivo creato anni fa dalla RAI, anche le imprese rimaste incompiute possono vantare un appeal invidiabile. Trasmettono qualcosa di importante sul profondo valore dell’impegno sportivo e probabilmente anche sul senso della vita.

Stefano Coccia

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