Oggi il divin codino compie 51 anni. Perchè il suo nome è stato accostato a quello di uno dei pittori italiani più famosi? Un pensiero anche da parte del suo Fan Club
Il filosofo tedesco Theodor Adorno, importante studioso di estetica, era solito dire che l’esperienza della bellezza consiste nella “capacità di rabbrividire”. Se qualcuno o qualcosa ci provoca un brivido entra di diritto a far parte di noi. In altre parole una sua caratteristica cessa di essere solo sua e diventa nostra, perché si è trasformata in patrimonio dell’anima. Rabbrividire vuol dire anche abbandonarsi, accorgersi che la resa non è un male; al contrario ci può dare la sensazione di una felicità totalizzante. E’ esattamente questa metafora del brivido che ho riscontrato in prima persona quando da bambina ho iniziato a seguire le gesta del divin codino. La mia scoperta del mondo del calcio è stata grazie a lui più emozionale che mentale. E’ questo sentimento, credo, ad avvicinarmi a tutti gli amanti di Roberto Baggio, rapiti dalle sue gesta di esteta-poeta del pallone.
Dato che Roby è stato definito il Raffaello del calcio proviamo a capire attraverso tre quadri di uno dei pittori più importanti le caratteristiche che ci hanno fatto innamorare di lui.
L’Umanità e la dolcezza ne “La Madonna della seggiola”
(1513-1514, olio su tavola, diametro 71 cm, Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze)
Non è un caso sia uno dei maggiori capolavori dell’arte del Rinascimento. Realizzata per papa Leone X, raffigura la Madonna col bambino e San Giovannino che, con le mani giunte, li fissa. Quello che colpisce è la naturalezza, la spontaneità, la dolcezza, l’amore. Attraverso la ricerca della perfezione delle forme, i colori caldi che si accordano perfettamente tra loro, il gioco della luce che scorre sui volti e sulle pieghe delle vesti eleganti, Raffaello ruppe con la tradizione precedente. La Vergine è in una posizione nuova rispetto alle altre opere infatti. La composizione è organizzata in funzione del formato circolare e tutto rimanda alla ricerca dell’equilibrio. Ora pensate al grande cuore di Roby, al suo esempio rivoluzionario. L’anno scorso era a festeggiare il compleanno tra le macerie di Amatrice. Andate con la mente alla grande eleganza e correttezza in campo che ripropone la perfezione della sfera. Per molti è stato il giocatore italiano che stilisticamente è risultato più avvolgente, impattante sia a livello tecnico-tattico che emozionale. Noi tifosi, proprio come San Giovannino, non possiamo che rimanere estasiati da tanta delicata incisività.
Il colpo d’occhio e il genio in “San Giorgio e il Drago”
(1505, olio su tavola, 31×27 cm, Museo del Louvre a Parigi)
Nel dolce paesaggio umbro San Giorgio a cavallo sta per finire il drago con un colpo di spada. L’immagine è molto dinamica (il mantello gonfiato dal vento e il gesto offensivo del santo, l’impennata del cavallo, la principessa che fugge impaurita) e si sviluppa su una diagonale. Le rispondenze ritmiche aiutano a comprendere con un colpo d’occhio sia la storia, che i piani in profondità della stessa. Anche qui colpisce l’equilibrio, ma in questo caso l’armonia è tra pathos, visione e movimento. Si percepisce in sottofondo un distacco nobile nel volto imperturbabile di San Giorgio. Sembra paradossale come un’immagine palesemente in movimento risulti in realtà in una sorta di fermo-immagine, di pausa dal mondo. Questo quadro è proprio come Roby in campo che correva come un lampo, unendo velocità e movimento, efficacia sotto porta –sconfiggendo gli avversari (il drago)- e gesto poetico, ma era anche la nostra gioia infantile, sospesa in una dimensione spazio-temporale lontana dagli affanni quotidiani.
L’Oltre e la nostalgia in “Visione di Ezechiele”
(1518, olio su tavola, 40,7×29,5 cm, Galleria Palatina di Firenze)
Ricordata da Vasari come “un Cristo a uso di Giove in cielo e d’attorno i quattro Evangelisti”, risalente esattamente a 500 anni fa, l’opera la cui composizione è ispirata ad un rilievo su un sarcofago romano con il Giudizio di Paride a villa Medici, è stata al centro di un caso mediatico per la sua presunta originalità. Originale, sicuramente, è l’impostazione che va oltre le consuete leggi di prospettiva, con un paesaggio a volo d’uccello, fatto di una riva marina o lacustre, con un albero lontano che offre un metro di misurazione spaziale. Il respiro grandioso della composizione, lo scorcio ardito delle gambe del Padre Eterno e la rispondenza perfetta tra stesura e disegno sottostante vanno ad impreziosire questo capolavoro, proteso verso l’Alto, nella conciliazione delle forze del mondo, nella realizzazione dei propri talenti e inclinazioni (gli angeli). Roby ama dire: “Successo per me vuol dire realizzare nella vita ciò che si è nel modo migliore”. E’ questo scopo elevato a farci provare nostalgia. Se guardiamo al futuro dobbiamo necessariamente voltarci indietro, perché solo i sedimenti della memoria sanno suggerire nuovi scenari. Perdere la nostalgia significa rinunciare alla domanda – e poi? – che i bambini rivolgono all’adulto quando viene interrotto il racconto di una fiaba.
E poi? La fiaba di Roberto Baggio non si interrompe mai per fortuna.
A queste caratteristiche -umanità e dolcezza, visione e genio, ricerca dell’Oltre e nostalgia che sempre ci accompagna- dobbiamo la fortunata capacità di trasfigurare liricamente ogni gesto fuori e dentro il campo, facendo della sua estetica calcistica un sentimento stabile della bellezza interiore in tutti noi. Roby è gioia di vivere, è stupore infantile, è beatitudine dello sguardo. Grazie di esistere e auguri per i tuoi 51 splendidi anni.
Un augurio da parte del Fan Club a Roby:
“Il tempo dell’atleta magico è finito, ma il tempo dell’uomo invece no. La vera bellezza continua anche fuori, perché prima si è uomini e poi artisti. Sei stato il giocatore che più di ogni altro ci hai saputo trasmettere passione, spirito di sacrificio e valori umani. L’eroe dei due mondi non è stato Garibaldi, ma Roberto Baggio, che ha unito l’Italia calcistica e non. Sei l’idolo d’infanzia di tutti noi.”
Fonte foto: ilsole24ore, wikipedia e arteworld
Erika Eramo